Il fabbisogno di energia è sempre in aumento, e la ricerca tecnologica dedicata alle energie rinnovabili, nonchè il loro utilizzo, sono sempre temi in primo piano quando si parla di ambiente.
L’utilizzo dell’energia idraulica in Italia è di grande importanza e copre per circa il 15% il fabbisogno di energia del paese. Ma la necessità di proporre soluzioni sempre meno invasive per l’ambiente e rischiose per l’uomo, sta spigendo ad orientarsi verso le centrali mini idroelettriche, che hanno il vantaggio di non richiedere costose opere e infrastrutture (dighe).
Mentre l’idroelettrico di grande potenza ha una tecnologia consolidata e viene usato da decenni, il mini idroelettrico invece ha ancora ampi margini di crescita, sia dal punto di vista della tecnologia sia dal punto di vista della quantità di potenza installata. E in giro ormai cominciano a nascere impianti di piccola potenza (sino a 3MW) che hanno portato il valore dell’installato ad oltre 1.000MW nel 2011 contro gli appena 15MW del 2006.
Il mini idroelettrico può sfruttare l’energia dell’acqua attraverso l’uso di condotte, piccoli salti d’acqua ma anche mulini e acquedotti. Per piccoli salti d’acqua intendiamo proprio piccoli, come ad esempio quello che sfrutta una nuova centrale a Cerano, in provincia di Novara, dove è stato inaugurata la prima centrale al mondo che sfrutta un salto di acqua di appena due metri. “Questo impianto idroelettrico – commenta l’amministratore delegato di Frendy Energy Rinaldo Denti – rappresenta una piccola ma importante rivoluzione, che permette di sfruttare un salto d’acqua di soli 2 metri ottenendo una potenza costante di 160kW per una produzione annuale di oltre 1 GWh. L’utilizzo di una tecnologia all’avanguardia consente lo sfruttamento efficace del vastissimo potenziale energetico rappresentato dai piccoli salti di almeno 1,5 metri su corsi d’acqua e canali irrigui, di cui l’italia, soprattutto nelle regioni del nord, è molto ricca”.
Il termine mini idroelettrico (dall’inglese small hydro) si riferisce a centrali elettriche, che oltre a sfruttare l’energia idroelettrica, sono caratterizzate dal fatto di avere una potenza installata ridotta, che comporta l’utilizzo di strutture di dimensioni molto minori rispetto ad una diga normale, più sicure, grazie al minore volume d’acqua nel bacino, e che inoltre hanno un basso impatto ambientale e paesaggistico. Non esiste un limite mondialmente accettato per cui una centrale idroelettrica venga definita piccolo idroelettrico. Secondo l’ESHA (European Small Hydropower Association) tale limite è considerato pari a 10MW di potenza installata.
La definizione quantitativa di un progetto piccolo idroelettrico varia molto, ma di solito, per convenzione, in Italia, una capacità di generazione che arriva fino ai 3 megawatt (MW) è generalmente accettata come il limite superiore di quello che si definisce mini idroelettrico. In nazioni abituate ai grandi impianti e ad alti consumi elettrici, come il Canada o gli Stati Uniti, si definisce mini-idroelettrici, impianti di potenza inferiore ai 30 MW. Il piccolo idroelettrico ha delle peculiarità rispetto alle centrali idroelettriche di grande taglia, oltre ai vantaggi dell’uso di un’energia rinnovabile, ovvero investimenti contenuti (la realizzazione di un tale impianto generalmente avviene su acqua fluente che non richiede la costruzione di opere particolarmente costose (come le grosse dighe) con un veloce ritorno dell’investimento, oltre ad un miglioramento delle condizioni idrogeologiche del territorio.